Per forma e dimensione assomiglia a una farfalla con le due ali, dette lobi, spiegate ai lati della laringe. La parte centrale che le congiunge si chiama istmo. Posta alla base del collo, la tiroide svolge una funzione importantissima: è infatti in grado di regolare l’energia del nostro corpo. Più tecnicamente, la tiroide, che è una ghiandola endocrina la cui attività normale è secernere ormoni, è dunque fondamentale per il corretto funzionamento del metabolismo e per lo sviluppo fisico e psichico dell’individuo.Questo significa che quando funziona poco, male o addirittura non funziona, tutte le attività corporee, fisiche e mentali, diminuiscono o rallentano. La tiroide, però, per funzionare ha bisogno dello iodio.
Oggi la tiroide e i problemi ad essa collegati sono argomento di interesse sempre crescente. Per questo motivo, il dott. Giorgio Borretta (in foto), direttore della struttura di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo dell’azienda ospedaliera S. Croce e Carle, ci ha aiutati a capire quali problemi fossero già presenti in passato nelle valli del Cuneese e come alcune manifestazioni gravi dei disturbi della tiroide siano oggi superate.
Tuttavia, si è soffermato anche sulla gestione

della patologia nodulare fino a fare il punto sull’attività svolta dall’ospedale.
La nostra area geografica, cioè le valli del cuneese, ma anche le valli prealpine in generale, son state per secoli zone povere di iodio: poco iodio nell’acqua da cui si abbeveravano gli animali e poco iodio in quella utilizzata per l’agricoltura, dunque poco iodio nei foraggi e nei cibi, sia di origine animale che vegetale, destinati alle persone. È facile comprendere che la mancanza di questo elemento nell’acqua abbia favorito l’insorgenza di problemi alla tiroide. Il più comune era il cosiddetto gozzo, cioè un ingrossamento del volume della ghiandola che si manifestava con un rigonfiamento del collo. Per semplificare, si può dire che lo iodio è il “carburante” con cui e grazie al quale la tiroide funziona, e la reazione della stessa in caso di mancanza è proprio questa deformazione.

Che questo difetto fosse diffusissimo c’è testimonianza già in molti dipinti medievali (a lato), famosi quelli di Hans Clemer, dove spesso erano ritratte figure “gozzute”. Comunque, non sempre il gozzo connotava negativamente il personaggio che ne era affetto, basti pensare a Gioppino (a destra), maschera bergamasca con tre gozzi che simboleggia valori contadini rozzi, ma positivi.
Per secoli, poi, nelle zone più severamente carenti di iodio era abbastanza diffuso anche un altro disturbo, più grave, conosciuto con il nome di “cretinismo endemico”.

Numerosi erano i soggetti di bassa statura, con o senza gozzo, portatori di deficit intellettivi spesso tanto gravi da generare questa definizione un po’ brutale: a causa del loro difetto fisico, ma soprattutto del ritardo mentale molto serio, erano definiti “cretini”. Ci sono testimonianze che questi individui venissero addirittura segregati o istituzionalizzati. Questo si può spiegare ricercando ragioni puramente economiche, infatti per le famiglie di ceto sociale basso che vivevano in zone rurali queste persone rappresentavano una bocca da sfamare, senza però essere utili alle attività di campagna data la loro condizione, ma anche ragioni sociali, dal momento che mettere in evidenza questo problema era causa di imbarazzo.
Numeri:
5% – rischio che i noduli tiroidei siano formazioni tumorali
15% – incidenza della disfunzione tiroidea in pazienti sopra i 65 anni
50% – frequenza delle presenza di noduli evidenziati con indagini ecografiche
90% – indice di sopravvivenza a 10 anni da intervento

Venendo ai giorni nostri, possiamo tranquillamente affermare che situazioni gravi come quelle di “cretinismo endemico” non si sono più verificate già a partire dagli anni ‘50 e ’60, e cioè da quando la quantità di iodio che si è resa disponibile nelle bevande e nei cibi anche nelle nostre zone, come effetto della diffusione commerciale di prodotti provenienti da diverse parti d’Italia e del mondo, ha pressoché annullato questo difetto. Tuttavia, la popolazione delle nostre valli è ancora frequentemente colpita da disturbi tiroidei come coda del fenomeno del gozzo il cui problema correlato è, oltre che estetico e in alcuni casi meccanico, la formazione e lo sviluppo disordinato di noduli. Indagini ecografiche confermano che è facile riscontare una presenza di noduli anche fino al 50% dei casi presi a campione, ma sono del tutto innocui e benigni. Per quanto riguarda il gozzo, c’è da specificare che, seppur i casi di gozzo ipermagno (foto sopra) fossero ancora presenti negli anni ’80 e ’90 e, ad oggi, siano abbastanza comuni ancora in alcuni paesi del mondo, nelle nostre zone si riscontrano pochi casi e si tratta soprattutto di individui che hanno sofferto di carenza iodica nell’infanzia.
Attività dell’AO Santa Croce e Carle:
è centro di riferimento per quantità e qualità della cura delle malattie della tiroide,
è tra i primi centri ospedalieri in Piemonte per volume chirurgico di tiroidectomia, cioè essendo un ospedale chirurgico, l’attività svolta è numericamente rilevante,
la diagnostica è svolta in modo completa, quindi tutte le attività diagnostiche possono esser espletate senza ricorrere ad altri centri,
è punto di riferimento per la gestione dei casi di tumore alla tiroide in quanto è un ospedale dotato, come previsto dalla rete oncologica regionale, di un percorso organizzato per la gestione multidisciplinare non solo endocrinologica dei casi affetti da tumore tiroideo,
è centro autorizzato al trattamento radiometabolico con somministrazione di dosi di radio-iodio basse, dunque non per il trattamento oncologico (in questi casi ci rivolgiamo alla medicina nucleare di altri ospedali piemontesi: il Mauriziano a Torino è il centro di riferimento preferenziale).
Vero o Falso?
I problemi tiroidei colpiscono le donne con una percentuale doppia rispetto agli uomini. VERO: i disturbi si manifestano in certi momenti della vita: durante la crescita (pubertà e prima mestruazione), la gravidanza e durante la menopausa.
Il processo di raffinazione dei cibi elimina lo iodio. FALSO: anzi, negli USA, in EU e in altre parti del mondo sono commercializzati prodotti alimentari addizionati di iodio, e la vendita dello stesso sale iodato ha sanato la carenza iodica del passato.
Le variazioni di peso sono dovute a un malfunzionamento della tiroide. VERO e FALSO: sia nei casi di ipotiropidismo che di ipertiroidismo (se funziona poco o troppo) si verifica un lieve aumento (o perdita) di peso, ma massimo 3 – 4 kg, ma nei casi di gozzo o noduli, che sono problemi tiroidei, non c’è questa evidenza.
Alcuni cibi influenzano l’attività della tiroide. VERO: le brassicacee – che comprendono cavoli, broccoli, cime di rapa, cavolfiore, broccoletti, rape – possono contenere sostanze che la rallentano, ma per un effetto reale vanno consumate nell’ordine di 10 kg al giorno ogni giorno.

Come detto, i casi di noduli alla tiroide sono piuttosto frequenti, ma il rischio che questi siano tumori è soltanto del 5%. Inoltre, il tumore alla tiroide è detto a bassa aggressività, il che vuol dire che la probabilità di guarigione è quasi assoluta. Le statistiche evidenziano che a 10 anni dall’intervento il 90% dei pazienti è sopravvissuto alla malattia. È importante sapere che non tutti i pazienti affetti da noduli sono trattati chirurgicamente anche perché dovremmo operare 100 pazienti per scoprire 5 casi di tumore.
Pertanto, si cerca di selezionare sulla base di criteri ben precisi e inviare all’intervento solo i casi con sospetto tumorale sufficientemente fondato. L’esame più preciso, anche se non in maniera assoluta, per valutare Il rischio tumorale di un nodulo è l’esame citologico su ago aspirato tiroideo: si procede senza anestesia usando un ago sottile, l’operazione dura pochi secondi, si aspira un quantitativo di cellule che all’esame del microscopio ci dirà se il rischio di tumore è fondato o meno e quindi se è necessario ricorrere al chirurgo o si può soprassedere, controllando nel tempo l’andamento del nodulo.
In conclusione, la patologia nodulare tiroidea va gestita seguendo alcuni passaggi: intanto va escluso il rischio tumore con valutazioni varie: siano esse di tipo clinico anamnestico, di familiarità predisponente, o se il soggetto è stato sottoposto a irradiazioni del collo per altre malattie nel corso della vita. Si passa poi all’ecografia tiroidea, esame innocuo che consente già di fare distinzione tra noduli con probabilità di esser tumori e quelli “normali”: su questa base si fa una selezione non definitiva, ma importante del rischio tumorale.
A questo punto, se c’è sospetto si passa all’esame citologico, citato in precedenza, che ha una precisione vicina al 100%. Da qui, se i noduli risultano semplici formazioni benigne sarà sufficiente, una volta l’anno, sottoporsi ad ecografia di controllo, ma se il quadro ecografico si modifica si potrà allora effettuare un ago aspirato. Nel caso invece i noduli risultino masse tumorali, si procede con l’asportazione chirurgica che può essere un trattamento più conservativo, senza asporto totale della tiroide, oppure estensivo radicale. La terapia radiometabolica post intervento è necessaria come completamento: elimina le cellule residue rimaste in vita dopo l’intervento andando a completare l’opera chirurgica.
Luisa Perona