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Nel corso della storia, i privilegi e le clausole di esclusione hanno sempre emarginato gruppi minoritari di individui che con intelligenza e tenacia hanno condotto battaglie in favore di diritti diventati, con il passare dei secoli, conquiste per l’umanità.

Virdimura, giovane siciliana ebrea, moglie del medico Pasquale di Catania, conosceva l’arte della chirurgia e della fitoterapia. Era bravissima, naturalmente portata per la medicina, curava gratuitamente i poveri e i disabili, in tutta la Sicilia, senza badare al ceto sociale, alla razza e alla religione. Tutto ciò, però, non bastava a riconoscerla come professionista. E i motivi erano sostanzialmente due: era donna ed era ebrea.

Se potessimo fare un viaggio a ritroso nel tempo per vedere cosa fece, fino al 7 novembre del 1376, rimarremmo sicuramente a bocca aperta.
Da circa 150 anni, infatti, era in vigore un decreto, emanato nel 1224 da Federico II, che regolava proprio l’arte medica e chirurgica stabilendo che nessuno poteva esercitare la professione senza l’approvazione di una commissione pubblica di maestri salernitani. Nulla di nuovo, in realtà, visto che già nel 1134 e nel 1140, Ruggero II stabilì lo stesso principio per i cristiani: per esercitare occorreva l’autorizzazione di “curare et praticare in scientia et arte medicina et fisice”. Ovviamente, chiunque facesse di testa propria e fosse così audace da trascurare le disposizioni, sarebbe stato “punito con la prigionia e la confisca dei beni”.

La decisione che Virdimura prese fu straordinaria: in base a quanto riportano i documenti d’archivio, presentò al Tribunale per il Diritto una petizione per trattare i pazienti come professionista, chiedendo che le fosse concesso il dottorato.
Fu così che si presentò a Catania quel famoso 7 novembre 1376 e, di fronte alla “commisione regia” composti da uomini “dotti”, si difese da sola. Possiamo pensare sia stata un’arringa degna di un grande avvocato. Infatti, come si legge nel documento conservato nell’ Archivio di Stato di Palermo, quella che stava per esser proclamata “Dutturissa”, portò come testimonianza durante il processo numerosi pazienti che attestarono la sua grande conoscenza e abilità, così come le dichiarazioni di medici del tempo che avevano verificato il suo apprendimento e supportato la sua petizione.
Virdimura fu, da quel giorno, la prima donna ufficialmente autorizzata ad esercitare la medicina e la chirurgia in tutto il regno di Sicilia.

Oggi esiste un Premio Internazionale che porta il suo nome, perché continua ad essere simbolo di una cultura senza barriere, che premia il merito, il prevalere del sapere ed è attenta ai bisogni dei più deboli, contro i pregiudizi e la discriminazione.

Luisa Perona

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