«Non sono mai stata lasciata sola e sono sempre stata libera». Così, una giovane monregalese che ai fini della privacy chiameremo Chiara (nome di fantasia) racconta il suo grande gesto di generosità: la donazione di midollo. Era giovanissima, appena maggiorenne, quando decise di iscriversi all’Admo (Associazione Donatori di Midollo Osseo). Ma quella scelta affondava le radici nel passato: «Quand’ero ragazzina, ai tempi delle Medie, la mamma di un mio amico si ammalò di leucemia – racconta –. Aver visto quella sofferenza, seppure esternamente, ma con gli occhi di bambina, mi fece capire l’importanza di questa scelta. Fu grazie alla donazione di un volontario se quella mamma può ancor oggi crescere i suoi quattro figli. E poi mi sono detta: se dovesse capitare a chiunque di noi, a qualunque nostro famigliare, chi non vorrebbe poter trovare un midollo compatibile?».
Il percorso di avvicinamento
Sono passati anni dai tempi dell’iscrizione, prima di ricevere la chiamata dall’Ospedale di Cuneo per una probabile compatibilità. Ha scelto di presentarsi per tutti gli approfondimenti del caso e in un paio di settimane è arrivata la risposta: c’era compatibilità ed era giunto il momento di decidere il da farsi. «Devo dire di essere stata accompagnata nel mio percorso da uno staff straordinario – spiega –: i medici, gli infermieri e tutto il personale del reparto di Ematologia di Cuneo hanno saputo rispondere ad ogni mio dubbio, mi hanno fornito tutti i chiarimenti e tutta l’assistenza psicologica necessaria, non solo a me, ma anche ai miei familiari». Già, perché, più che Chiara, ad essere spaventati erano i suoi cari: la mamma, il compagno. «Lo staff ha risposto anche a tutti i loro dubbi e alle loro preoccupazioni, sempre precisando che al primo posto dovevano esserci la mia salute e la mia libertà di scelta».
L’operazione
Al termine del percorso di avvicinamento e di tutto l’iter sanitario (tra cui il prelievo di due sacche di sangue necessarie nella fase post operatoria), è arrivato il momento del ricovero, avvenuto il mercoledì pomeriggio. Il giovedì mattina, l’operazione: «La mia unica preoccupazione era legata all’anestesia totale. Devo ringraziare i medici Roberto Sorasio e Nicola Mordini, la dottoressa Maddalena, l’anestesista, le infermiere Anna e Caterina: sono stati bravissimi a far calare la tensione. Abbiamo alzato il volume della musica e non mi sono neppure resa conto di essere entrata in sala. L’operazione è durata circa un’ora e mezza e il mio unico problema, dopo, è stata la morfina, che paradossalmente avrebbe dovuto aiutarmi, ma che io non reggevo. Appena mi è stata sospesa, ho cominciato a star meglio e già il giorno dopo sono stata dimessa». Dopo l’operazione, racconta la ragazza, ci si sente la schiena un po’ affaticata, un po’ come dopo una caduta, ma aggiunge: «Non ho ematomi, non provo dolore intenso. Devo evitare, per un certo periodo, di sollevare pesi, ma posso portare avanti la mia quotidianità senza alcun problema: il sabato sera sono già uscita con le mie amiche».
Nessun ripensamento
Dopo questa donazione, a Chiara non verrà più chiesto di donare il midollo a nessuno, a meno che non si tratti di un suo familiare o della stessa persona a cui l’ha già donato. Ripensamenti? «Nessuno – commenta –. Anzi, ho già acconsentito ad essere ricontattata qualora, per questa persona, si ripresentasse la necessità di una donazione. Con questa testimonianza, anzi, vorrei allontanare i pregiudizi che ci sono su questo tipo di operazione. È una cosa seria, da affrontare con consapevolezza e serenità, ma credo che se mettiamo sul piatto la vita di una persona, valga assolutamente la pena mettersi in gioco».
di Marta Borghese
L’UNIONE MONREGALESE