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Gli Egizi usavano il sangue per fare dei bagni salutari a persone ammalate o indebolite, per i Maya doveva sempre scorrere perché il Sole potesse sorgere, il medico greco Ippocrate raccomandava di ingerire sangue nei casi di epilessia, e altre testimonianze raccontano che si bevesse quello dei gladiatori uccisi nell’arena per acquisirne la forza.

Sebbene oggi tutte queste pratiche e credenze siano superate, il sangue mantiene, forse per il fatto di esser l’unico tessuto non ancora riprodotto in laboratorio, quell’aura di fascino e mistero che ha avuto fin dagli albori dell’umanità.

Per schiarirci un po’ le idee, in occasione della giornata mondiale del donatore di sangue (14 giugno), abbiamo parlato con il dott. Marco Lorenzi (in foto), direttore del Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale dell’azienda ospedaliera S. Croce e Carle.

CHI DONA?

Età: 18-60 anni (per candidarsi a diventare donatori).
Peso: non inferiore ai 50 kg.
Stato di salute: buono.
Stile di vita: nessun comportamento a rischio che possa compromettere la nostra salute e/o quella di chi riceve il nostro sangue.

COME DONARE?

Prima di ogni donazione, il donatore (o aspirante tale) compila un questionario, il successivo colloquio e la visita con un medico aiuteranno ad approfondire le risposte date. Ad ogni donazione, il sangue prelevato viene sottoposto ad esami e controlli. Il mattino del prelievo è preferibile aver fatto una colazione leggera.

Perché è importante donare il sangue? Di sangue ce n’è bisogno e la medicina deve molto alla donazione.  Infatti,  alcune terapie sono possibili soltanto grazie alla trasfusione (basti  pensare alle terapie nei pazienti ematologici, le chirurgie maggiori, i traumi, gli incidenti, i trapianti). Riassumendo, senza donazioni non ci sono trasfusioni, e senza trasfusioni  non ci sono più terapie per tantissime patologie.

Per dare un’idea di quanto è stata importante la scoperta dell’AB0, che è quella cosa che ha permesso la trasfusione di sangue, sul sito www.scienceheroes.com, questa è al secondo posto nell’elenco delle invenzioni o scoperte che, nella storia, hanno salvato più vite.

È vero che il sangue non si crea in laboratorio?

Si, possiamo dire che dal punto di vista della necessità di sangue non c’è alcun elemento artificiale in grado di sostituirlo. Sono stati fatti esperimenti con soluzioni di emoglobina, tutti interrotti perché risultati più di danno che di beneficio.

Sono stati fatti esperimenti in cui venivano prodotti  i globuli rossi, ma il bisogno è talmente elevato in tutto il mondo che, quando sarà possibile crearli in modo non solo sperimentale, saranno in grado di soddisfare una richiesta minima, quindi saranno riservati a gruppi rari e situazioni particolari.

450 ml non sono troppi?

La quantità di sangue che si preleva è standard, sono 450 ml, ed è paragonata al peso minimo che bisogna avere per poter donare il sangue, che è 50 kg. Un donatore di 50 kg ha un volume ematico di circa 3700 ml, quindi il prelievo è circa il 12 per cento, non c’è alcuna sintomatologia correlata alla perdita di questa entità, che è anche recuperata molto velocemente.

C’è bisogno anche di plasma, non solo di sangue intero, quindi di globuli rossi. Il prelievo di plasma in aferesi serve per fare dei prodotti (emoderivati) come i fattori della coagulazione, l’ albumina e le immunoglobuline. Queste sono un farmaco sempre più usato, ma sempre più difficile da reperire. La buona notizia è che gli anemici, che hanno problemi con la donazione del sangue intero, possono contribuire con la donazione di plasma.

È vero che la diffusione dei gruppi sanguigni varia nel mondo?

I gruppi cambiano in base alla popolazione.  Alcuni genetisti, uno tra i molti l’italiano Luigi Luca Cavalli-Sforza, han fatto una storia delle migrazioni nei diversi secoli seguendo la diffusione dei vari gruppi sanguigni.

Infatti, non c’è solo l’AB0 e l’Rh, che molti conosciamo, ma i sistemi gruppo ematici sono centinaia e quindi le combinazioni possibili sono molte, talmente tante che a volte sono ristrette sulla base dell’origine. Adesso siamo in un momento di passaggio, iniziamo ad avere alcuni pazienti non caucasici, ma chi è nato e proviene da zone endemiche per alcune patologie, non può diventare donatore: un impegno per il futuro di tutti sarebbe quello di estendere quanto più possibile la base di donatori in modo da avere un giusto mix di caratteristiche.

Luisa Perona

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